giovedì 29 gennaio 2009
Dalla Francia con allegria!
Bene, eccomi qui, che cerco di pensare a come contribuire a questo blog...
Innanzi tutto, sono un'astronoma? Suppongo di si', nel senso che e' il mio mestiere, ma di fatto sono ancora una di quelle persone che ingrossano le fila dei lavoratori precari. Certo, ci sono anche i ricercatori precari, di cui non si parla mai abbastanza, e per cui non si fa mai abbastanza. Ricercatori, amanti del proprio lavoro, col peso di un contratto di lavoro "in scadenza", e nello stesso tempo pero' ciascuno cerca di costruirsi la propria vita, passo dopo passo, facendo progetti, stringendo i denti, sperando di non veder vanificati i propri piani a causa della mancanza di un lavoro "fisso". Insomma, proprio come tutti i precari, indipendentemente dal lavoro che svolgono.
Una volta, in mancanza di lavoro in Italia, si andava all'estero. Dico "una volta" nel senso che era una prassi molto piu' diffusa, mentre ora forse e' un fenomeno un po' piu' nascosto, di cui si parla un po' meno. Ma di fatto, ad esempio, eccomi qui a Marsiglia, dopo aver preso il dottorato a Milano ed aver lavorato la' per un anno. Ho cominciato a lavorare qui a Dicembre, e purtroppo si', e' comunque anche questo un lavoro precario. Ma se anche questo e' un lavoro precario, direte voi, che vantaggi ci sono a lavorare qui piuttosto che in Italia?
Gia'. Bella domanda!
Cominciamo con la parte piu' spiacevole, meno "poetica": e' piu' facile trovare un contratto di due anni all'estero che in Italia, senza contare il fatto che e' in media meglio retribuito. Non e' un vantaggio da poco avere un contratto di due anni invece che uno solo: significa avere il tempo di costruire piu' cose, significa non dover ricominciare subito da capo a cercare un nuovo lavoro, magari in una nuova citta'. Due anni in un certo senso sono quasi una piccola stabilita'. Poi: sono forse troppo venale a far notare che all'estero gli stipendi per i ricercatori sono piu' alti? Non lo so. So solo che per fare progetti per il futuro servono anche i soldi, oggigiorno: diciamo che e' il lato "pratico" della scelta.
Ma non sono qui a Marsiglia solo per questi motivi, per fortuna. Non e' stata una scelta sofferta (ma ponderata si'!): sono qui per fare esperienza, per imparare, per fare un lavoro che mi piace con persone nuove, con cui posso condividere punti di vista, metodi, idee, e la passione per l'astronomia. E insomma, perche' no, per godermi anche un po' la Provenza! Sono certa che sara' un'esperienza interessantissima, e ricca di novita'.
Non voglio infatti far passare a tutti i costi l'idea del lavoro all'estero come una scelta forzata, dettata unicamente da come in Italia venga (mal)trattata la situazione del precariato: si puo' scegliere di lavorare all'estero per tantissimi motivi non legati alla parte "economica" della questione. Tuttavia se non si e' spinti da motivi economici ci si puo' permetter di tener conto di piu' dei propri desideri, di seguire i propri progetti. Perche' naturalmente andarsene piu' o meno lontano dal luogo dove si hanno amici e parenti, e magari anche dove una persona sta cercando di metter su famiglia, e' una scelta critica, a livello personale: significa rinviare i propri piani, significa quasi vivere in una parentesi di tempo in attesa di tornare. Certo doverlo fare perche' non si hanno alternative dignitose (dal punto di vista lavorativo), non aiuta!!
E cosa implica essere un/una astronomo/a, in questo contesto di "migrazioni"? E poi, cambia qualcosa essere una donna o un uomo, quando si mettono sul piatto della bilancia il desiderio di poter andare avanti a fare il lavoro che ci piace, il bisogno di una certa sicurezza economica, l'entusiasmo per una nuova esperienza, il possibile rinvio dei propri progetti?
Pensiamoci.
Olga Cucciati
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