Lo so, lo so, s'era detto di dare un tono a questo blog, di cercare di stimolare discussioni su tematiche calde, serie e - giuro - dopo lo faccio... forse. Nel frattempo, rileggendo alcuni vecchi post, con racconti della vita notturna di astronome al telescopio ho pensato: "ehi, perche' non dare anche il punto di vista di una RADIO astronoma, noi si osserva di giorno!". ... o meglio, ANCHE di giorno. 24 ore su 24: la luce non ci disturba, non c'e' alba che tenga, niente che possa finalmente mettere fine a interminabili turni di osservazione. E cosi', quando, piu' o meno due volte l'anno, vado in Australia, al radio telescopio di Parkes, spesso mi trovo a puntare la sveglia alle 3 del mattino (mi devo sforzare per dire "le 3 del mattino" le 3 sono di NOTTE accidenti!); inforco la bici, un'assurda mountain bike col freno a retro-pedalata e ruote ridicolmente piccole, e percorro nel buio piu' assoluto il chilometro che separa la foresteria dal telescopio. Gia', perche' la luce non ci disturba, certo, ma anche noi dobbiamo stare in posti remoti, lontani dal mondo e dagli uomini e soprattutto dai loro infernali macchinari (automobili, cellulari, rasoi elettrici, forni a microonde, tosa pecore...) produttori di interferenze. E cosi' il cileo di Parkes e' buio, buio e indescrivibile. E qui potrei partire con slancio poetico a dirvi dell'emozione che si prova a vedere la Via Lattea, le Nubi di Magellano, Orione a testa in giu'... ma la vena poetica mi manca. Oggi (oggi?!) sono decisamente poco seria e niente poetica. Insomma, scansando ragni e serpenti dal morso letale, pecore e canguri, arrivo al telescopio. Quello di Parkes, come recita una delle innumerevoli tazze souvenir che mi sono comprata al centro visitatori, e' il piu' bel radio telescopio del mondo (ok, ok, opinabile) non foss'altro che per il fatto che la sala controllo ci sta dritta SOTTO: scegli la tua pulsar, il tuo ammasso globulare, la tua galassia preferita, inserisci le coordinate, pigi il pulsante "OBSERVE" e "gzzzzzzz" un bestione da 64 metri di diametro - il padellone, per gli amici - comincia a spostarsi, lento e pesante, sopra la tua testa: le pareti vibrano lievemente, il ronzio si fa piu' forte per poi scemare... d'accordo, capisco, non e' molto poetico un radiotelescopio che punta. Che vi dicevo: poetica, niente! Insomma: 4 del mattino, inizia il turno. A Parkes non c'e' nessun operatore. Sei solo tu col padellone (e il malefico "watch dog", l'allarme che si assicura che tu non ti addormenti, suonando a un volume indicibile ogni 15 minuti). Nessuno nel raggio di 20 chilometri, eccezion fatta per l'altro astronomo con cui condividi, a stento incrociandolo al cambio di turno, le tue giornate, i serpenti e i canguri. Recentemente abbiamo anche avuto l'invasione delle cavallette. Ma divago. Come sono arrivata alle cavallette? Volevo descrivere la giornata tipica della radioastronoma in trasferta e sono arrivata alle cavallette... be', forse e' meglio che chiuda qui, per ora. Del resto, l'avevo detto, saro' seria DOPO.
Marta Burgay
martedì 5 maggio 2009
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3 commenti:
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La ringrazio della sua cortese attenzione.
Enrico Moretti
(vicedirettore del Progetto)
Certo la vita da "radio-astronoma" non è proprio per niente quello che ci si aspetta! Io direi che tra canguri cavallette ad altro (che, a questo punto, puoi evitare solo se sei veloce a pedalare...) è più un mestiere stile Indiana Jones!!! Ma dopotutto anche lui ricercava nel passato, come il tempo da cui proviene la "luce" delle sorgenti astronomiche...
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