mercoledì 25 febbraio 2009

Astrologia e oroscopi: sogno o alienazione?


In questi giorni mi è capitato di riflettere su alcuni aspetti della divulgazione dell' astronomia. Sono arrivata a pensare che non ci si debba limitare esclusivamente ad illustrare una collezione di scoperte affascinanti e che lasciano a bocca aperta gli ascoltatori o i lettori. Penso si debba far sentire la nostra voce almeno per dire che la scienza non è solo per sacerdoti iniziati ai misteri. Che le astronome non sono sacerdotesse vestali. Che il metodo scientifico è eminentemente "democratico" e può essere applicato da ognuno e per tanti aspetti della vita quotidiana: dall' osservazione del cielo all' interpretazione dei fenomeni fisici, dall' osservazione del comportamento degli animali allo studio di fenomeni sociali.

La cultura scientifica è tuttora marginale e questo significa una diminuzione della propria capacità di scegliere consapevolmente e liberamente su questioni sempre più coinvolgenti.

Far sentire la nostra voce penso significhi anche non ignorare che, stranamente, nella nostra società convivono due binari paralleli: da un lato la pratica scientifica dell' astronomia, con gli astronomi professionisti e con un grande numero di appassionati che spesso compiono osservazioni importanti; dall' altro un filone di astrologi le cui considerazioni godono di molta più attenzione mediatica di quanto non godano molte scoperte astronomiche. Gli oroscopi vengono diffusi quotidianamente dalla TV e dai giornali. E lo sono ancora di più sui giornali e gli inserti femminili. Forse perché le donne sono state (e sono ancora) palesemente discriminate nell' educazione tecnico-scientifica.

Non credo di essere una stalinista se dico che sarebbe opportuno cercare di limitare l' influsso che l' astrologia ancora esercita sulla nostra società. Qualche anno fa era circolata una lettera contro la diffusione eccessiva dell' astrologia. Una proposta di legge era stata portata in parlamento. Si chiedeva la sospensione della diffusione di oroscopi e previsioni astrologiche all’interno telegiornali e giornali radio, e che venisse sempre precisato che l’astrologia non offre certezze e non ha fondamenti scientifici. Credo sia importante sottoscrivere questa iniziativa, ancora aperta sul sito http://astrologianograzie.uai.it/ Magari si potrebbe riproporla aprendo una sottoscrizione tra astronome professioniste. E senza voler impedire a nessuno di giocare o di sognare del proprio futuro, si potrebbe avere il coraggio di dire ad amici e parenti quello che pensiamo degli oroscopi. È facile trovare il modo di farlo senza apparire inopportune o antipatiche.


Paola Marziani

venerdì 20 febbraio 2009

I modelli teorici


Anche io ho provato l'ebbrezza del cielo notturno al telescopio, un'esperienza davvero piena di fascino. Ho fatto alcuni anni di 'gavetta osservativa' quando sono entrata a lavorare nel mio Osservatorio. Anzi, a quei tempi nelle nostre cupole non c'erano consolles in sale calde in cui monitorare le osservazioni, ma si stava con l' occhio sull'oculare, nel gelo delle notti invernali.....

Desidero però sottolineare che esiste anche un lavoro astronomico completamente teorico, che produce modelli. Questa é da molti anni la mia attività di ricerca. In passato utilizzavo soltanto carta e penna per i miei modelli, perché si basavano su calcoli analitici. Ora utilizzo grandi calcolatori, perché le mie ipotesi sulla stabilità delle galassie a disco vengono testate con simulazioni numeriche.
Ci sono alcuni rami dell'astronomia che sono eminentemente teorici. La cosmologia, ad esempio: la scienza che studia l'Universo nel suo insieme. Elaborare una teoria su tutto l' Universo é un attività che utilizza soltanto la mente. Ma ovviamente anche i più sofisticati modelli di Universo devono avere il loro vaglio nei dati osservativi. I grandi telescopi, i satelliti ci forniscono dati fondamentali che possono farci decidere per la teoria cosmologica più plausibile. E dunque teoria e dati osservativi interagiscono tra loro in una dialettica indispensabile.
Oltre all'Universo, che é un oggetto di studio particolare.., ci sono oggetti astronomici così difficili da osservare che sono nati prima come entità teoriche che come oggetti osservati: ad esempio i buchi neri....
Ora abbiamo finalmente osservazioni indirette della loro esistenza, ma essi furono concepiti teoricamente alcuni secoli fa da Laplace e più tardi la relatività generale di Einstein, con le soluzioni studiate da Schwarzshild, Kerr e Steven Hawking hanno formulato modelli estremamente accurati della loro struttura.
Anche le onde gravitazionali sono previste teoricamente dalla teoria della relatività generale, e si costruiscono antenne sempre più sofisticate per poterle rilevare. E' dunque un altro caso in cui la teoria precede l'esperimento.

In generale comunque, per qualunque fenomeno astronomico si possa
osservare, abbiamo bisogno di modelli per dare una spiegazione dei meccanismi
che hanno emesso quell'energia, o che hanno formato quella morfologia...le
spiegazioni che le nostre teorie possono formulare precedono o seguono i dati
osservativi, e producono insieme ad essi un quadro sempre più armonioso dell'evoluzione degli oggetti astronomici.

Anna Curir

lunedì 16 febbraio 2009

Di notte sulla montagna


Credo che la cosa che più mi piace del mio lavoro di astronoma sia osservare. In tanti anni non ho mai perso la voglia e il piacere di passare qualche notte davanti alla consolle di un telescopio. Anche adesso, sono in Arizona sulla cima di una montagna in mezzo al deserto di Sonora e sto osservando; è notte fonda e davanti a me ho i monitor di controllo del telescopio. Ho di fianco il tecnico di supporto che ha appena puntato un nuovo oggetto della mia lista. In sottofondo, il familiare ronzio dei computer mi dice che tutto procede regolarmente mentre dietro alle mie spalle il telescopio insegue diligentemente la galassia che sto osservando.

In questo momento mi tornano in mente i miei inizi: al debutto degli anni ottanta sono stata una delle prime donne italiane che sono andate ad osservare con telescopi internazionali o lontani. Ricordo che per i tecnici e gli astronomi presenti la mia presenza era una novità e le prime notti in cui lavoravo veniva a trovarmi al telescopio diversa gente presente sulla montagna. Però avevo l'impressione che si chiedessero, "ma questa sa quello che fa?". Certamente non mi sono mai posta il problema del loro giudizio; ho semplicemente lavorato con tranquillità e serenità, dimostrando notte dopo notte che sapevo fare il mio lavoro e come me hanno fatto lo stesso tutte le colleghe che sempre più numerose mi hanno seguita. Sono passati molti anni da quelle mie prime osservazioni e oggi in tutti gli osservatori del mondo la presenza delle donne è divenuta normale. È stato un cambiamento avvenuto nel corso degli anni, sopratutto grazie al lavoro di tante che come me hanno dimostrato con i fatti che certi stereotipi non esistono.

Sono quasi le 4 del mattino e la mia lunga notte di osservazione si avvia alla conclusione. Mentre sto sonnecchiando davanti al terminale del telescopio all'improvviso il mio computer portatile si anima e squilla: una chiamata con skype: da casa mio marito e le mie figlie mi chiamano.
In Italia è mezzogiorno e stanno arrangiando il loro pranzo. Mi travolgono con i loro racconti: la mia auto si è guastata e quindi un sacco di caos per portarla ad aggiustare; le mie figlie hanno allagato il bagno aprendo la lavatrice piena d'acqua prima che scaricasse (sigh!). Anche se sei dall'altro capo del mondo, la tua vita ti insegue. Storie di ordinaria vita quotidiana, storie di una donna ...... e astronoma!


Daniela Bettoni

venerdì 13 febbraio 2009

Astronome osservatrici


Sta scendendo un'altra notte sull'Altopiano di Asiago ed io mi accingo a partire per raggiungere Cima Ekar. Osservo al telescopio Copernico da quasi quindici anni, ormai, da quando iniziai il mio dottorato di ricerca che prevedeva una massiccia e continuativa raccolta di dati. Cinque, sei notti al telescopio ogni mese: impossibile pensare di svolgere questo tipo di lavoro con i telescopi lontani e allora ecco che il Copernico e' diventato familiare quasi quanto la mia casa!

Lasciata la strada principale, imbocco la via che conduce a Cima Ekar, quota 1366 metri. La fitta faggeta che domina questa zona dell'Altopiano cadenza il passaggio delle stagioni con i suoi mutevoli colori: dal verde della primavera e dell'estate, al giallo e rosso dell'autunno, fino all'abbagliante bianco di questo inverno che ci ha regalato alcuni metri di soffice neve. Il bosco adesso e' silente, attanagliato nel freddo e nella neve dell'inverno, ma in altre stagioni non e' raro incontrare su questa strada, soprattutto alle prime luci dell'alba, caprioli, tassi, volpi o lepri.

Raggiunta la cima, il bosco lascia spazio ad un vasto pascolo erboso: ecco apparire la cupola argentea, che si apre e ruota lentamente. Al suo interno il tecnico di turno sta gia' preparando la strumentazione. Salgo in sala di controllo e comincio il mio programma osservativo.

La notte fluisce lenta, puntando il telescopio da una stella all'altra e chiacchierando con il tecnico o ascoltando un po' di musica. Quando la posa e' lunga, mi piace uscire sul ballatoio che gira tutt'intorno alla cupola per ascoltare i rumori del bosco circostante, accompagnati in estate dai campanacci delle mucche al pascolo, anche in piena notte! soprattutto mi piace guardare finalmente il cielo, chiamare le stelle ad una ad una con il loro nome, cercare le costellazioni e individuare quelle meno appariscenti. Ma l'avvicinarsi della fine della posa mi riporta nella sala di controllo: un'occhiata al tempo siderale e al mio programma per scegliere un altro oggetto da puntare.

Stella dopo stella, arrivo cosi' all'alba: la cupola si chiude con un leggero suono metallico. In estate questo suono fa da sfondo al vivace “chiacchierio” degli uccelli che riecheggia tra i faggi di Cima Ekar. Ora invece si attenua nel silenzio ovattato della neve. E' un momento davvero magico: la vastità del cielo stellato, che ad est comincia appena a rischiarare, si confonde con il profilo delle vette piu' alte a nord dell'Altopiano.



Lina Tomasella

martedì 10 febbraio 2009

Stereotipi?

Ho iniziato da poco a leggere il libro “L'eleganza del riccio”. Mi ha colpito subito la premessa su cui si basa il personaggio della protagonista: lo stereotipo della “portinaia”. Come dice il libro: e' grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente.
Per fortuna sua, la protagonista non e' proprio cosi....

Esiste uno stereotipo dell'astronoma? Un articolo su Panorama di fine ottobre lascia poco spazio alle speranze: per il 96% dei ragazzini, la scienza rimane di dominio maschile. Per fortuna per almeno meta' delle ragazzine emerge anche una novita': “scienziate belle alte ed eleganti”.

Ma siamo davvero “belle alte ed eleganti” o e' anche questo un nuovo, diverso modo di associare esotismo alla figura di astronoma che ci rende quindi in qualche modo speciali?

E poi, siamo davvero speciali? Vogliamo essere viste come tali? Ovviamente siamo quello che siamo – come possiamo sapere come saremmo se fossimo diverse?

Per fortuna i numeri reali al momento sono un po' piu' alti di quello che potrebbero essere nel futuro, se non riusciamo a far risalire le speranze e le aspettative dei giovanissimi maschietti -- ci meritiamo davvero un misero 4%?

Siamo ben lontani da una situazione di parita', ovviamente: l'altra meta' del cielo al momento si ferma al 20-30%, con qualche speranza di miglioramento, ma ancora lontana dalla parita'.

Magra consolazione: astronomia ha qualche percentuale in piu' rispetto alla fisica in generale, e rispetto alle percentuali riscontrate all'INFN. E in Italia siamo messe bene rispetto al panorama europeo: con percentuali simili alla Francia e superiori a Germania e Gran Bretagna, che hanno un numero globale di astronomi paragonabile o superiore all'Italia.

Evidentemente molto rimane da fare, se vogliamo veramente essere l'altra meta' del cielo ....

Ginevra Trinchieri

venerdì 6 febbraio 2009

Astronomia significa ....


Occuparsi di astronomia significa essere parte di un una comunità internazionale molto viva, avere amici e colleghi con cui interagisci giornalmente in diverse parti del mondo: Europa, USA, Cina, Russia, Giappone.. Significa viaggiare molto per conferenze, riunioni di lavoro e osservazioni con telescopi nei posti più reconditi (lontano dalle luci della civiltà). Significa soprattutto vivere la propria professione 24 ore al giorno.
Ma viaggiare molto, vivere in un contesto internazionale, tirare tardi la sera per un esperimento, per un dato che intriga o per scrivere un articolo, è cosa comune alla maggior parte degli scienziati.
Quindi? Cosa c’è di speciale in Professione Astronomo/a? Ogni astronomo/a avrà la sua spiegazione, e sono sicura che alcuni probabilmente pensano che non ci sia proprio nulla di speciale.

Sono arrivata a Fisica dal liceo classico, per voglia di occuparmi di cose che immaginavo più concrete degli studi letterari. Al terzo anno ho scelto Astronomia per curiosità. Quando ho iniziato la mia tesi di laurea, forse è stata proprio la dimensione internazionale del lavoro che mi ha colpito maggiormente. Era la metà degli anni 80 e si coglievano i frutti delle prime osservazioni con telescopi dallo spazio e i primi grandi telescopi da Terra. In molti altri campi della scienza - ad esclusione della Fisica - si era ancora molto chiusi nei laboratori locali.
Insomma, fin da subito ebbi la percezione che la professione dell’astronomo fosse un po’ speciale! Non smetti mai di imparare, scopri sempre cose nuove, impari a non dare niente per scontato, e in più ti fa sentire cittadino/a del mondo.

Voler diventare astronoma per sentirsi cittadina del mondo è quello che mi ha detto Nakisa, una giovane studentessa iraniana che ho incontrato la scorsa estate. Sentire dalla sua bocca parole che era state anche mie, non solo mi ha molto colpita, ma mi ha anche ricordato che lo studio dell’Universo da sempre è riuscito a a legare e far incontrare culture diverse.

Isabella Pagano

martedì 3 febbraio 2009

Scienziata e mamma: per una volta in sintonia

Sabato mattina, la sveglia suona alla solita ora perche' T, 14 anni, deve essere a scuola alle 8. Preparo la colazione, poi lui parte nella nebbia verso il liceo. Nello zaino ha le frasi di latino - materia nuova per lui, fresco liceale - che ieri l'ho aiutato a tradurre, cercando il più possibile di stimolarlo ad arrivarci da solo, senza che gli sforni io la soluzione ("Quando fai le verifiche non ci sono io ad aiutarti!"). Incredibile come il mio cervello, a quasi 30 anni dalla maturità, sia riuscito a recuperare nozioni di latino che non sapevo neanche più di avere. Forse in qualche modo, inconsapevolmente, ne ho fatto comunque uso in questi decenni: nel linguaggio, in un certo tipo di processo mentale, chissà... oggetto affascinante, la mente umana. Ma è un'ulteriore conferma che quel che si impara da ragazzi si annida nella mente meglio di ciò che si apprende in età matura.

Più tardi ci saranno anche i compiti di A, 9 anni. È bravo, sa cavarsela bene da solo, ma bisogna assicurarsi che li faccia, i compiti. Quando mio marito torna con il giornale, sfoglio subito la cronaca locale, per vedere se parlano della pacifica invasione che un centinaio di genitori ed insegnanti hanno messo in atto ieri nell'Ufficio Scolastico Regionale, per esprimere la loro preoccupazione sui nuovi modelli didattici introdotti nella scuola elementare a partire dal prossimo anno scolastico. Sì, eccolo il breve articolo che descrive l'episodio. C'ero anch'io: ho fatto un salto dopo pranzo, prima di tornare alla pianificazione delle prossime osservazioni. Ci tenevo ad esserci e a fare numero. A causa della nuova legge, A in quinta avrà un'unica maestra invece di due, pur andando a scuola per le stesse 40 ore settimanali, e le ore non coperte da lei non si sa come verranno riempite. Un impoverimento incredibile dell'offerta didattica, come si può non protestare? Molti genitori si illudono che nulla cambi nelle classi esistenti rispetto a quest'anno: il comunicato del Ministero che presenta la recente Circolare sulle iscrizioni dà ad intendere proprio questo. Ma se ti vai a leggere la Circolare stessa, cioè il testo che conta, trovi quelle due paroline in più: "senza compresenze". Stravolgono tutto.

E sono anni che si va avanti così: governi dopo governi che vogliono solo tagliare le spese alla scuola, ma anche all'università e alla ricerca, senza valorizzare quello che hanno di buono, senza tentare di eliminarne gli aspetti più negativi. Un attacco frontale al nostro presente e futuro di scienziati, al presente e soprattutto al futuro dei miei figli e di tutta la generazione che dovrà mandare avanti la baracca dopo di noi.

In questa situazione la scienziata e la mamma sono in sintonia, nella sensazione di frustrazione e con il bisogno di protestare. Ho partecipato a manifestazioni di ricercatori come a quelle di genitori, e per me sono egualmente importanti, perché è il sapere ad essere importante, a tutti i livelli. Se sono curiosa di capire come sono fatti i quasar, e se voglio che ci siano i mezzi e le persone (magari un po' meno precarie) per investigare questo e altri interrogativi scientifici, devo anche spendermi per costruire il sapere dei miei figli, e per pretendere che non venga smantellato il sistema scuola che glielo dovrebbe fornire. E non si tratta solo dei miei figli: a tutti, genitori o no, deve importare che i ragazzi di oggi ricevano la migliore educazione possibile, perché a tutti prima o poi servirà una nuova generazione a cui consegnare il mondo e la nostra cultura. Sono concetti ovvi, banali, ma troppi sembrano non rendersene conto, o peggio, a troppi non importa. Scendere in piazza, raccogliere firme, occupare brevemente un ufficio pubblico forse serviranno a poco - non fare nulla però, mi ripeto in continuazione, serve ad ancora meno.

Giovanna Stirpe