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martedì 15 dicembre 2009

Un arcobaleno di stelle nel deserto

La mia passione per l'astronomia inizio' presto, nello stesso momento in cui si decise il destino dello studio professionale di mia mamma. Commise l'errore di regalarmi a otto anni un libro "animato" che si intitolava "Alla scoperta del cielo": lo lessi e decisi:"da grande faro' l'astronomo". La decisione sopravvisse al liceo, e all'Universita', dove, dopo una dura battaglia con la matematica, incontrai la prima esperienza di astrofisica osservativa e il primo "telescopio vero", un 40cm Ritchey-Chretien dell'Osservatorio di Monte Porzio, che venne smontato e rimontato pezzo per pezzo da me, e da due miei entusiasti colleghi e il povero sventurato professore che ebbe il coraggio di averci fra i piedi, Giuliano Natali, che ricordero' sempre con un enorme affetto.

Da li' a decidere che volevo lavorare con i grandi telescopi il passo fu breve e il grande amore si confermo' durante il primo run osservativo a La Silla, in Cile, nell'ormai lontano Settembre 1996: ero nervosissima, il mio primo run "serio", l'Osservatorio internazionale, l'inizio del lavoro di dottorato, uno strumento che non conoscevo, il posto nuovo, il cielo sconosciuto del sud. Per darmi una calmata, sono uscita a farmi una passeggiata e ho visto, in una bellissima notte senza luna, una corona di montagne, tagliata nel mezzo dalla linea dei telescopi (14!!!) e un'esplosione di stelle, da un orizzonte all'altro, una Via Lattea cosi' luminosa e netta da illuminare tutta le montagne, proiettare le ombre delle persone e dei telescopi che la stavano ammirando, un arcobaleno di stelle su un tappeto di velluto nero.
La decisione fu presa quella notte: voglio tornare qui!

E cosi', quando alla fine del dottorato mi trovai a dover scegliere fra il rimanere in Europa, in Italia o fare le valigie e migrare a sud (perche' si, potevo scegliere), non ho avuto un istante di dubbio: sono partita al volo! E mi sono trasformata in un'astronoma con la valigia.
Viaggi per stare insieme al marito, che all'epoca era negli USA, viaggi per i turni in montagna, viaggi per tornare di quando in quando a casa, per partecipare a conferenze in giro nel mondo, per fare i migliori sforzi per rimanere in contatto con i collaboratori, per vedere il Cile. Insomma a volte un vero stress...e anche qualche frustrazione, il sentirsi sempre indietro, non riuscire magari a finire un articolo quando si deve, il sentirsi a volta anche un po' ... marziani: basta vedere la faccia delle persone a cui si racconta negli incontri occasionali che lavoro si fa e ... quando si lavora.
A volta anche lo stress sul lavoro, con colleghi, il capo; a volte ho avuto la tentazione di mandare tutto a quel paese. Pero' ho conosciuto tante persone, tanti paesi, tanti amici che ci sono e alcuni che non ci sono piu' ... e ho seguito il mio arcobaleno di stelle, ho ammirato le galassie che sono una delle mie passioni e ho messo le mani su piu' telescopi e strumenti di quanto avrei mai creduto possibile, esattamente come volevo fare. Ne e' valsa la pena!

E alle tante persone che mi chiedono, nelle conversazioni o negli incontri divulgativi a che serve il mio lavoro, rispondo: a seguire un sogno.

Emanuela Pompei

venerdì 31 luglio 2009

Pari Opportunità nell' Istituto Nazionale di Astrofisica

Nei giorni dal 12 al 14 luglio 2009 si è svolta una votazione per eleggere due rappresentanti (più 2 membri supplenti) nel Comitato Pari Opportunità (CPO) dell' Istituto Nazionale di Astrofisica. Riportiamo di seguito il programma della prof.ssa Filippina Caputo, astronoma eletta nel CPO.


Cari amici,

la data per l'elezione dei rappresentanti nel CPO-INAF è ormai prossima e, dopo la mia candidatura presentata nei giorni scorsi, vi illustro in grandi linee il programma che intendo sostenere qualora fossi eletta.

Fermo restando che il CPO dovrà garantire un ambiente di lavoro libero da qualsiasi discriminazione e rispettoso dei diritti e della dignità non solo delle donne ma di tutte le risorse umane dell'INAF (inclusi i titolari di assegni di ricerca, borse di studio e contratti a termine in generale), considero fondamentali i sotto elencati punti.

1. Individuazione di situazioni, atteggiamenti culturali e stereotipi lesivi della dignità della persona che impediscono la parità in ambito lavorativo (statistiche di genere, indagine dei servizi esistenti nelle sedi, questionari per la raccolta di dati sulle varie esigenze).
2. Richiesta all'Amministrazione di trasparenza in tutte le azioni alla base del funzionamento dell'istituto (incarichi, consulenze, commissioni, comitati).
3. Informazione, sensibilizzazione e formazione del personale sulle tematiche paritarie (seminari locali e nazionali).
4. Definizione e proposta di iniziative ("azioni positive") atte a migliorare la qualità della vita in campo lavorativo attraverso una differenziata organizzazione del lavoro (part-time, telelavoro, orario flessibile) ed a conciliare lavoro e vita familiare (contributi assistenziali per figli in età prescolare, congedi parentali, istituzione di asili-nido o convenzioni con strutture affini esistenti sul territorio, interruzione di carriera con successivo reinserimento agevolato, ricongiungimento familiare).
5. Partecipazione a tutte le iniziative in materia di tutela della salute psicofisica (informazione, diagnostica e prevenzione).
6. Collaborazione continua con Amministrazione e Organizzazioni Sindacali ed attivazione di controlli su tempi e modi per l'attuazione delle azioni positive.
7. Sinergia con i CPO di altri Enti per la formulazione di proposte di più ampio respiro.

Aggiungo due ulteriori precisazioni in risposta ad alcune domande specifiche che mi sono giunte.

8. Sono consapevole dell'attuale divaricazione nelle carriere di donne e uomini (oggi le donne costituiscono il 17% di tutti gli astronomi ordinari e dirigenti di ricerca dell'INAF) ed anche la mia carriera, avendo allevato due figlie, ha subito dei rallentamenti che non sono mai stati doverosamente valutati come "fisiologici". Tuttavia, sono stata e sarò sempre contraria alla creazione di "quote rosa" o simili iniziative in ambito concorsuale. A mio parere, la professionalità raggiunta e l'applicazione delle regole di pari opportunità dovrebbero nei prossimi anni garantire alla (numerosa) componente femminile nell'INAF l'accesso "paritario" ai livelli più alti della carriera.
9. Infine, mi è stato chiesto il parere sull'età pensionabile delle donne e mi è stato cortesemente inviato il testo con cui la Corte Costituzionale spiegò perché fosse giusto che le donne andassero in pensione prima: "Rientra fra i poteri del legislatore anche quello di limitare nel tempo il periodo in cui la donna venga distratta dalle cure familiari e di consentire che, giunta ad una certa età, essa torni ad accudire esclusivamente la famiglia". Anche in questo caso, sono contraria a qualsiasi discriminazione tra donna e uomo! Le regole devono valere per tutti indistintamente ed i casi di pensioni anticipate, ove previsti, devono essere applicabili sia a donne che uomini. È mio parere che molte donne, troppe donne, vivono con angoscia il periodo lavorativo e per esse la speranza di poter anticipare l'uscita dal mondo del lavoro è spesso più legata al ricordo delle difficoltà incontrate nella gestione familiare che ad una reale aspirazione "ad accudire esclusivamente la famiglia". Il testo riportato è del 1969, oggi siamo nel 2009 ed è compito del CPO rimuovere quelle difficoltà.

Filippina Caputo

lunedì 27 luglio 2009

Professione astronoma... e mamma! O viceversa???

la Sala delle<br />Figure del Museo La Specola di Padova
Scrivere un articolo per il blog mi ha dato l’opportunità di mettere sulla carta questi pensieri che permettono anche a me stessa di (psico)analizzare la mia... professione! Giusto per presentarmi, io sono un’astronoma ‘atipica’, perché anziché fare ricerca di avanguardia, mi occupo di cose vecchie: sono infatti la curatrice del Museo La Specola dell’Osservatorio Astronomico di Padova, nel quale sono raccolti gli strumenti utilizzati sin dal Settecento dai nostri predecessori, o almeno quelli miracolosamente sopravvissuti fino a noi. Mi occupo quindi di salvaguardare questo patrimonio, perchè tutti lo possano conoscere ed apprezzare, e soprattutto studio la storia di questi oggetti e degli scienziati che li hanno usati, svolgendo ricerche di carattere storico-scientifico. In verità, nel nostro ambiente spesso questo tipo di ricerche sono viste un po’ storte e tendenzialmente sono considerate non scientifiche, anche se un serio lavoro in questo campo non può che seguire un approccio rigorosamente scientifico: faccio un’ipotesi (p.e. che il lavoro di un certo astronomo sia stato precursore di una certa scoperta), raccolgo i dati che potrebbero confermare o meno l’ipotesi (leggo tutti i lavori del detto astronomo, cerco negli archivi i documenti originali, le carte relative ai suoi studi, la sua corrispondenza scientifica, confronto i suoi lavori con quanto altro pubblicato sull’argomento nel periodo, ecc.), analizzo i dati e ricavo le conclusioni, che possono confermare o smentire l’ipotesi iniziale. È un lavoro che mi appassiona molto, al quale sono arrivata quasi per caso; quando scelsi l’argomento della mia tesi di laurea nel campo storico, infatti, non avrei mai pensato di proseguire poi in questa direzione. Come molti altri, pensavo che il naturale sbocco alla mia laurea in astronomia fosse l’insegnamento. Ma Luisa Pigatto, la mia prof., che con la sua tenacia e il suo lavoro è riuscita a recuperare i rottami che si conservavano nella vecchia torre, all’epoca utilizzata come magazzino, e a ridare a questi oggetti la dignità di strumenti storici di alto valore e quindi a realizzare nella Specola di Padova uno dei più bei musei astronomici d’Italia, se non del mondo, mi ha dato l’enorme opportunità di continuare a lavorare con lei e per il museo, consentendomi quindi di intraprendere una delle professioni più belle del mondo.

Quando torno a casa, però, comincia la seconda parte della mia professione, altrettanto bella e altrettanto impegnativa e della quale sono altrettanto innamorata: quella di mamma! In questo senso la mia professione diventa molto ‘tipica’, comune non solo a tante altre mamme-astronome, ma anche a tante altre donne in ogni possibile ambito lavorativo. Forse la distanza dal posto di lavoro (abito a poco più di 30 km da Padova, che raggiungo in treno ogni mattina) mi rende appena un po’ più peculiare rispetto ad altre mamme, ma tutto sommato, nel mondo d’oggi, penso che questa sia diventata una caratteristica abbastanza diffusa. Con tutte queste donne credo di condividere soprattutto una particolare capacità organizzativa; la mia giornata tipica si dipana infatti più o meno in questo modo: ore 6:25 sveglia per i genitori, un quarto d’ora più tardi sveglia per le bimbe; vestirsi, lavarsi, letti da rifare e colazione da terminare rigorosamente entro le 7:30; il tempo di lavarsi i denti e di finire ‘le ultime cose’ in bagno, e poi, al massimo alle 7:45 si parte; il babbo ne carica una in bicicletta, direzione scuola materna, io porto l’altra in macchina, direzione scuola elementare. Consegna della bimba alla scuola allo suonare esatto della prima campanella (ore 7:55) e poi via verso la stazione, che dista circa 5 km. Nel frattempo qualche ‘preghiera speciale’ per trovare un buco non troppo scomodo dove parcheggiare la macchina e riuscire quindi a prendere il treno alle 8:11, assieme al marito (anche lui lavora a Padova!), che nel frattempo, da buon sportivo e decisamente più allenato della sottoscritta, ha raggiunto la stazione in bici, in una sorta di semivolo su strada! Poi finalmente, seduti in treno (se il treno non è in ritardo, se non è sovraffollato, se non è soppresso all’ultimo minuto, se... tutti incidenti abbastanza tipici quando si ha a che fare con le ffss...) ci si può rilassare!!! Giunti a Padova, si va in bicicletta, questa volta entrambi, fino al posto di lavoro, per cominciare finalmente la giornata lavorativa. Al ritorno, ovviamente, stessa trafila in senso inverso, in uno stato un po’ meno ansioso salvo che all’ultimo il treno non annunci ritardo; in tal caso cominciano ad affollarsi i pensieri: «cielo, chi chiamo adesso per andare a prendermi le bimbe??? Alla scuola materna per 10 minuti me la tengono ma alla scuola elementare la mollano in strada... Sento la cognata, la zia, la mamma della compagna...». Per fortuna che nel 99% dei casi ci sono i Santi Nonni che provvedono alle emergenze, alle malattie, alle chiusure fuori programma delle scuole (leggi: scioperi!), alle vacanze estive...
Insomma, è un po’ una vita sul fil di lana, per far combaciare esigenze, tempi ed impegni di quattro persone (e che per il momento siamo ancora solo in quattro...), ma è una vita entusiasmante che, pur tra gli inevitabili alti e bassi, intoppi e difficoltà, regala comunque stupende soddisfazioni in questo fecondo doppio impegno professionale!

Valeria Zanini

giovedì 16 luglio 2009

L’astronomia… in radio


Quando ero adolescente odiavo la fantascienza. Non so spiegare ancora oggi come mai non riuscissi ad avvicinarmi a un libro che catturava l’immaginazione e la fantasia di tantissime persone, oltre che dello scrittore che l’aveva pensato. In quegl’anni, il documentario «Cosmo» di Carl Sagan mi aveva fatto letteralmente innamorare dell’astronomia e di tutto ciò che era legato alle possibili forme di vita nell’Universo. Fu così che, quando arrivò in Italia il suo libro «Contact» (già custodivo gelosamente «Cosmo» in cassetta e in forma cartacea), mi dissi che uno strappo alla regola l’avrei potuto fare: la fantascienza raccontata dal mio astronomo preferito mi sarebbe sicuramente piaciuta.
Lo lessi d’un fiato. Potete capire che la sorpresa fu enorme quando mi accorsi che non c’era un protagonista, ma una protagonista, per di più astronoma, Eleanor Arroway, Direttrice del Progetto Argus, un sistema di 131 radiotelescopi che si snodavano per diversi chilometri nel deserto del New Mexico, uno dei posti più belli che avrei voluto visitare. Per anni, sulla mia scrivania sistemai un foglietto di carta con la stessa citazione che Eleanor teneva sulla sua. Era tratta dalle «Metamorfosi» di Franz Kafka:

Ora le Sirene possiedono un’arma ancor più fatale
del loro canto, ossia il loro silenzio…
Qualcuno puo’ forse esser sfuggito
al loro canto;
ma mai certo al loro silenzio.


Quante volte questa frase mi ha dato stimolo a continuare con gli esami, anche quelli più difficili, durante il corso di laurea: sognavo quei radiotelescopi lungo le sterminate distese desertiche che si muovevano in cerca di segnali radio provenienti dallo spazio… E io ero lì.

E’ stato solo per questa occasione speciale, quella di raccontare di me e della mia professione di astronoma in questo Blog, che sono ritornata indietro nel tempo coi ricordi e ho riflettuto su un particolare. Sono sì un’astronoma oggi, e ne sono entusiasta, che non ha fatto astronomia nel radio, cosa che invece, tutti avrebbero immaginato arrivati fin qui nella lettura. In questi ultimi due anni e mezzo ho fatto astronomia… in Radio.
La comunicazione dell’astronomia in radio è un’esperienza che porta con sé molte soddisfazioni. Ho potuto raccogliere e condividere le emozioni del cielo raccontate dagli astronomi professionisti, e quelle delle «stelle» della musica, dello sport, della televisione e del cinema. Non sono stata sotto un radiotelescopio e non ho guardato in su, come molte delle mie colleghe, ma mi sono trovata davanti ad un microfono, ad un telefono, al computer.
Chissà se mai, un giorno, quelle onde radio in FM che conservano voci ed emozioni di tutti noi potranno arrivare su un altro pianeta, venir catturate e decifrate da una qualche civiltà.
La Eleanor Arroway dentro di me a distanza di anni si fa ancora sentire.

Sabrina Masiero

venerdì 3 luglio 2009

La linea della morte


Eccomi, qui in ritardo come al solito. Se non faccio le cose all'ultimo giorno non sono contenta..
E' la prima volta che scrivo in un blog e non sono proprio sicura di cosa e come scrivere, ma ci provero' lo stesso e abbiate pazienza.
In realta' all'inizio, scorrendo il blog e leggendo cosa hanno scritto le altre, pensavo "ecco questo l'ha gia' scritto lei, e volevo scriverlo io. E io adesso che scrivo?", e mentro mi scervellavo su quale potesse essere l'argomento del mio post, ecco che e' arrivata la "Deadline", la linea della morte..
e quindi per due settimane il blog e' sparito dalla mia mente, per tornare oggi, a deadline scaduta..
E quindi, perche' non parlare delle Deadlines??? che costellano la vita di ogni astronomo.. in realta' penso di ogni lavoratore/lavoratrice, il che significa che la professione astronomica in realta' non e' molto diversa da tanti altri lavori, pero'.. vuoi mettere che figo dire che sei un'astronoma?

Ecco quello che di solito mi succede: ti viene data una scadenza, puo' essere la presentazione di un proposal, la sottomissione (che brutta parola..., ma al momento non mi viene l'equivalente giusto in italiano) di un articolo, finire di analizzare i dati, fare qualche test.. tipico esempio un mese... e ti chiedono "ce la fai?" beh, non puoi rispondere no, perche' ce la devi fare, e poi ti fai due conti e ti sembra ragionevole, in fondo un mese e' un sacco di tempo e non e' che devi trovare la nuova teoria della relativita'. E dici "ma certo che ce la faccio!"

Memore dell'ultima volta, in cui ti sei trovata a fare le cose all'ultimo momento, pensi "stavolta mi prendo in anticipo, basta nottate in bianco!", ti ci metti subito di buona lena, al punto che ti manca proprio poco per finire e manca ancora un sacco di tempo, due settimane. Stavolta ce l'hai fatta. In realta', cosa succede? ti tranquillizzi e ti rilassi.. e vuoi mica finire in anticipo? che se il capo vede che ci metti meta' tempo, poi la prossima volta la scadenza sara' piu' breve.. e ti metti a fare altre cose, magari arriva l'estate e l'orario di lavoro si accorcia.. perche' fuori c'e' il sole, fa caldo, potresti fare una passeggiata, andare a bere una birra con gli amici. Tanto per finire ti ci vogliono un paio d'ore.. e nel frattempo il tempo passa.. siamo a -3 giorni dalla scadenza (tipicamente con il weekend in mezzo) e ti rendi conto che devi finire. Vabbe', finiamo questa cosa e non ci pensiamo piu'.. e li' comincia il dramma.. ti accorgi di avere sbagliato, devi rifare tutto, o se non tutto almeno una parte. Ma ce la puoi ancora fare, sai gia' qual e' l'errore da correggere, in fondo l'hai gia' fatto no? hai ancora 3 giorni e c'e' comunque il weekend se proprio non riesci a finire per venerdi'. Ma vuoi finire per venerdi', perche' cosi' poi sabato puoi andare a fare shopping, domenica puoi andare al mare, e ti puoi rilassare finalmente.

Per qualche strano motivo, succede sempre invece, che non ce la si fa a finire per venerdi'.. mai! vabbe', ci sono ancora sabato e domenica, rinunciare allo shopping o al mare? hai assolutamente bisogno di fare la spesa perche' il frigo piange, quindi sabato mattina vai in fretta al supermercato, pigli quello che ti capita per sopravvivere e torni a casa, perche' c'hai comunque il wireless e puoi lavorare anche da li', e comunque e' sempre sabato, ed e' proprio triste andare in ufficio anche di sabato, non c'e' nessuno, son tutti in giro a divertirsi e tu povera sfigata sei a lavorare. Almeno da casa, ti sembra di essere un pochino in vacanza.. E ovviamente non riesci a finire per sabato, passi la serata a lavorare, perche' vuoi assolutamente andare fuori la domenica, a costo di passare la notte in bianco.. alle 4 di notte, crolli a letto, con il portatile in grembo e non hai ancora finito.. vabbe', niente mare.. ma finirai sicuramente domenica.
Domenica ti alzi, dovresti fare la doccia e lavare i capelli, ma non ne hai voglia ne' tempo, tanto starai in casa tutto il giorno.. e ti rimetti a lavorare sperando di finire nel primo pomeriggio, cosa che ovviamente non succede. E di nuovo con il laptop sulle gambe (ecco perche' ti stanno venendo le vene varicose..) fino alle 4, quando finalmente.. hai finito! Ce l'hai fatta..
Il lunedi' vai in ufficio, hai avuto solo il tempo di una brevissima doccia (capelli no, perche' ci vuole troppo tempo per asciugarli, quindi sono tirati su con mollette e mollettoni e fai finta che in realta' ti sei messa il gel), con delle borse sotto gli occhi che se fossero piene sfameresti l'africa.. e il tuo capo ti chiede "passato un buon weekend?" al che, svieni..
ecco perche' sono chiamate Deadlines...
ma cio' nonostante sei contenta e fiera di avercela fatta di nuovo.. adesso puoi non fare niente e cazzeggiare un po' fino alla prossima deadline..

Giorgia Busso

domenica 28 giugno 2009

Astronomia....che passione!


Il breve titolo che ho scritto non è stato scelto a caso...e sì....questo perchè, prima di una professione, per me l'astronomia è una passione. E lo è stata da quando ne ho memoria. Non riesco a ricordare un'età in cui non abbia ammirato il cielo.

Ricordo perfettamente il giorno in cui costrinsi i miei genitori ad uscire di casa ed andare ad ammirare la cometa di Halley...ero piccola, ma lo ricordo ancora....così come tutte le volte in cui ho puntato la sveglia per alzarmi nel cuore della notte e guardare anche una seppur piccola falce di Luna adombrata durante una eclisse....e potrei continuare all'infinito.

Per questi motivi, sono stata da sempre definita, un pò come Giusi Micela, la "strana della famiglia"...con il titolo finale "appioppatomi" da mio fratello di "scienziata pazza"..., ma non posso farci nulla....prima di tutto per me l'astronomia è ed è stata sempre una passione....passione per il piacere e la voglia di sorprendersi sempre.

Per queste ragioni non ritengo ci siano differenze tra uomini e donne. Come hanno scritto prima Paolo Esposito e poi Elvira Covino, è vero....non si conosce a-priori l'autore o l'autrice di uno scritto....io spesso ho sbagliato...scambiando un uomo con una donna o viceversa...e chissà quante volte qualcuno non l'ha fatto con me! Magari mi hanno dato del Kevin, o del Karim, o dell'altro! Questo perchè studiare e "fare" astronomia non ha sesso nè età...ci si ritrova tutti in giro per il mondo a condividere la propria passione a qualsiasi età, chi per un congresso, chi per una "fellow" o altro, chi per una collaborazione, chi per osservazioni...tutti accomunati, come ha sottolineato Elvira, da un unico "filo conduttore" e, non meno importante, da una valigia sempre pronta!!!

Ormai si è diventati bravissimi a preparare una valigia in tempo record di 5-6 minuti e solo un'ora prima di prendere un mezzo per giungere in aeroporto o in stazione! Poi però, quando arrivi a destinazione e ti confronti con altre culture, altri mondi, altre abitudini,....altra Natura, che sia un insetto greco stranissimo o una pianta arida della Sierra Nevada o una tarantola cilena....bè, è lì che ricevi una spinta così veemente da farti ricaricare in un solo istante dal viaggio anche impervio che hai avuto e da farti gettare alle spalle tutti i problemi che la vita ovviamente ti riserva.

Katia Biazzo

mercoledì 24 giugno 2009

Astronome e astronomi in erba ?



Quest’anno ho partecipato per la prima volta alle Olimpiadi di Astronomia. Come membro della giuria nazionale, perche’ l’eta’ non mi consente, ormai da tempo, di parteciparvi come ‘giovane atleta’ ! In più, nemmeno all’età giusta (dai 14 ai 17 anni) avrei partecipato, perchè ero sì interessata alle materie scientifiche, ma l’astrofisica non aveva ancora preso il sopravvento, e mi dibattevo tra lo studio del corpo umano, e in genere degli esseri viventi, e quello della Terra e dei vulcani. L’astrofisica è arrivata dopo, all’università, come per molte altre astronome, come ho avuto modo di leggere su questo blog.

Ma torniamo a noi, o meglio a loro: le astronome e gli astronomi in erba.

Lo scenario è Capodimonte in un bel fine-settimana di metà maggio. L’atmosfera è carica di tensione: si selezionano gli ‘atleti’ per la ‘squadra nazionale italiana’, che parteciperà alle Olimpiadi Internazionali a Hangzhou, in Cina dal 8 al 16 Novembre 2009 !
Un’occasione importante che riempie di orgoglio i genitori, accorsi in qualità di accompagnatori infaticabili, alcuni, infatti, hanno affrontato in macchina un lungo viaggio, con partenza da Trieste, da Bari, da Cuneo, da Raggio Calabria. Sono armati di fotocamera e del miglior consiglio possibile, che è poi il motto del Barone di Coubertin, Pierre de Frédy: L'importante è partecipare.

Ed eccoli, i protagonisti, 30 ragazzi tra i 14 e 17 anni, che non pensano solo a diventar veline o calciatori, ma hanno anche altri interessi e passioni. E poi, in fondo, una cosa potrebbe non escludere l’altra. Si cimentano in una gara impegnativa: si va dalle seriose leggi di Keplero, agli abitanti del pianetino Autovelox IV, che amano gareggiare in velocità con veicoli sportivi ultra-sicuri, o ai viaggi avventurosi su astronavi tecnologicamente avanzate per esplorare il sistema solare.

Insomma, esercizi non banali, che misurano la conoscenza della materia, la curiosità e la capacità di essere futuri ricercatori, ma anche futuri curiosi del mondo e dell’Universo, indipendentemente dalla strada e dal mestiere che sceglieranno di fare da adulti.

A prova finita, inizia l’arduo e faticoso compito della giuria: valutare con scientifica precisione (perché la gara è comunque una cosa seria) il lavoro fatto da ciascun partecipante e dare un inevitabile voto, allo scopo di formare la squadra nazionale di non più di 5 ragazzi. Un compito arduo, perché è tanta la sorpresa (mia, giudice in erba, questo sì) per la competenza, la determinazione e la fantasia messe in campo da ciascuno per risolvere i problemi. Abbiamo fatto notte, con gli altri giurati, per correggere con attenzione gli esercizi e non trascurare nessun particolare, nessun sforzo da parte degli ‘atleti’ volto alla soluzione.

Alla fine solo 5 andranno a Hangzhou, il numero massimo di atleti per nazione. Per gli altri rimarrà l’entusiamo di aver vissuto una bella esperienza, aver conosciuto persone nuove, aver visitato una città magnifica e, forse, il desiderio di riprovarci l’anno prossimo: IN BOCCA AL LUPO !

Gabriella

Dal sito italiano delle Olimpiadi di Astronomia:

“Con il pretesto della competizione, le Olimpiadi di astronomia offrono agli studenti delle scuole italiane un'occasione di incontro con i ricercatori e di confronto con altri ragazzi, la possibilità di coltivare l’interesse e la passione per l’astronomia e uno scenario scientifico di ampio respiro, nell'assoluto rispetto delle loro qualità morali e cognitive. “
http://www.ts.astro.it/olimpiadi/index.html
(sito italiano)
http://www.issp.ac.ru/iao/
(sito internazionale)

(Picture: credits to NASA and STScI).

lunedì 15 giugno 2009

Un'astronoma all'ESA


Dopo aver consegutio il dottorato in astrofisica a Catania, ho lavorato per circa due anni in Italia presso l'INAF (Catania e Napoli) e da circa un anno sono una "research fellow" ad ESTEC, la sede olandese dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il mio filone di ricerca consiste nello studio di stelle giovani e della materia (polvere e gas) che le circonda. Tale studio è di particolare importanza in astrofisica, poiché la formazione dei pianeti è legata all'evoluzione della materia circumstellare. In altre parole, per capire come il nostro sistema solare si è formato, ci si serve di stelle giovani in cui la formazione di sistemi planetari deve ancora avvenire o è in corso. Il mio approccio verso questo tipo di studi è prettamente osservativo. Lavoro con dati dei telescopi cileni dello Europena Southern Observatory (ESO, Chile), dell'Hubble Space Telescope e dei telescopi spaziali Spitzer ed Herschel (nel prossimo futuro).

L'Agenzia Spaziale Europea è un ambiente lavorativo alquanto peculiare per un astronomo, poiché offre i vantaggi di un buon istituto di ricerca (il Dipartimento di Ricerca e Supporto Scientifico, ESA-RSSD) collocato però all'interno di una grande azienda (l'ESA conta circa 5000 dipendenti). Dati gli obbiettivi principali dell'ESA (l'esplorazione spaziale, voli umani nello spazio, telecomunicazioni e navigazione satellitare, etc), essa comprende svariati settori di carattere ingegneristico, informatico, amministrativo, etc. Proprio questa varietà di competenze fa si che l'ESA sia un continuo pullulare di idee, progetti, persone sempre nuove e con formazione differente. Per un astronomo questo è un ambiente sicuramente stimolante, che permette di crescere nella propria professione di ricercatore ma anche di allargare le proprie conoscenze e competenze ad aspetti più tecnici. Ciò arricchisce, dal mio punto di vista, la formazione professionale di un astronomo. A ciò si aggiunge il fatto che i rapporti di lavoro all'interno dell'ESA sono molto cordiali, il confronto con gli altri sano e costrittuvo. Ci si sente sempre in gara per fare meglio ma è un percorso di gruppo, non individuale; ci si sente parte di una grande "macchina" pur conservando la coscienza del proprio specifico ruolo.

Ovviamente a tutto ciò va aggiunto il fatto che l'ESA è un ente internazionale per cui tale è il suo personale. Camminando per i lughi corridoi all'ora di pranzo, si ha la possibilità di sentire parlare almeno una decine di lingue: inglese, francese, spagnolo, italiano, portoghese, olandese e tedesco sono solo le lingue più comuni, ma se si è fortunati anche greco, polacco, ceco, finlandese, norvegese ed anche russo, poiché da qualche anno l'ESA offre la possibilità di contratti a termine anche per cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Alla varietà linguistica e quindi culturale, si aggiunge poi la varietà generazionale. Assime allo staff permanente, l'ESA pullula infatti di giovani tra i 20 ed i 30 anni, i quali svolgono presso l'agenzia la propria tesi di Laurea (stageers), un periodo di formazione post-laurea di circa un anno (young trainees) o il post-dottorato (research fellows), come nel mio caso. Per amalgamare questa varietà di lingue, culture e stili di vita differenti, l'ESA offre ai suoi dipendenti corsi di lingua (Inglese, Francese ed Olandese) e di formazione professionale (corsi di programmazione, aggiornamenti, seminari, meetings e conferenze, etc) ma anche attività di ricreazione (attività sportive, lettura, musica, cinema,etc). Non si ha un'idea completa di ESA-ESTEC senza aver visto ESCAPE, il regno dell'attività di ricreazione !!!!
Loredana Spezzi

lunedì 8 giugno 2009

"Ma quindi tu studi le stelle?"...


Leggendo i vari post in questo blog mi sono accorta che quasi tutte avevano inserito citazioni o riportato tipiche reazioni della gente alla notizia della loro professione, così ho pensato di cominciare proprio con una delle più comuni... Si perché una volta superate le prime questioni "fai l'oroscopo?" o "ma allora lavori di notte?" (che rimane sempre la mia preferita perché offre lo spunto per innumerevoli risposte sarcastiche) è lì che si va a parare, direttamente alle stelle. Lavoro nel campo dell'ottica adattiva da poco più di un anno, cioè da quando mi sono laureata qui a Padova. Per me le stelle più piccole sono, meglio è, in un certo senso!  Il nostro è un gruppo di tecnologi (nel senso lato del termine), quelli a cui si vanno a chiedere i consigli sulle questioni più strane, perché se è vero che la gente comune non ha chiaro di cosa si occupi un astronomo, non è che tutti gli astronomi teorici abbiano chiaro il compito e le competenze di chi lavora nel campo tecnologico... e trovo questa cosa molto divertente, fra l'altro!  
L'astronomia non era la mia passione da bambina, non volevo fare l'astronauta e non sono mai stata astrofila, la scelta del corso di studi da intraprendere è stata del tutto casuale e anche la strada che ho intrapreso adesso è stata frutto di una decisione "di getto", quindi non posso dire di aver realizzato il sogno di una vita, tuttavia mai nella vita avrei pensato che un lavoro potesse essere tanto stimolante.  
Ho la fortuna di far parte di un gruppo che partecipa alla realizzazione, a partire dal disegno ottico fino all'allineamento finale e alla prima luce, di strumenti che vengono montati ai più grandi telescopi del mondo...per me, che ho ancora 25 anni, questo è un onore indescrivibile! E non posso negare che sia una grande fortuna, perché non capita a tutti di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Ciò che mi ha colpita maggiormente è l'interazione continua con colleghi di ogni parte del mondo, forse per molte di voi ormai è naturale, ma passare direttamente dall'ambiente chiuso del corso di laurea alle collaborazioni più varie è stato del tutto inaspettato!   
L'ambito tecnologico, poi, si presta particolarmente a questa collaborazione, si può dire che sia quasi forzata in un certo senso. Questo perché progetti di una certa entità sono estremamente complessi e non possono essere il frutto di un'unica mente, ma richiedono gli sforzi di molti individui che mettono a disposizione del progetto le loro diverse competenze ed esperienze, per conseguire un fine comune, proprio come in una squadra... Sono 14 anni che pratico uno sport di squadra che è la mia passione e vi posso garantire che le analogie sono molte e la similitudine è incredibile! Forse è questo che più mi piace, più dei viaggi, più del vero piacere della scoperta...io ADORO stare in una squadra! ...e adoro ciò che mi impegna mentalmente e che mi porta a rivedere quelli che possono essere i miei limiti e le mie chiusure mentali.  
Il risultato è una realtà nella quale collaborano persone con capacità e conoscenze diverse (ottici, astronomi, ingegneri meccanici ed informatici, ecc...) e in cui esiste un continuo scambio di opinioni ed esperienze, che avviene a distanza, giornalmente, o di persona, periodicamente. Ma la cosa più toccante (addirittura!) è che ogni persona ha la possibilità di dire la sua, magari sbagliando per inesperienza o ingenuità, ma è raro che un'idea, quale che sia la sua origine, venga scartata a priori.  
Forse con il passare del tempo questo entusiasmo passerà perché ci farò l'abitudine o perché prima o poi potrà capitarmi anche qualche esperienza meno piacevole, ma spero che ciò che conterà non sarà mai solo vincere, ma continuare a partecipare mettendoci sempre tutta me stessa.  
Valentina Viotto

mercoledì 27 maggio 2009

Saturno ed i suoi anelli, mia madre e le mie scelte


Ho trentasei anni e quando, appena diplomata, mi chiedevano come mai avessi deciso di iscrivermi al corso di laurea in Astronomia, ho sempre risposto che in considerazione del fatto che ‘da grande’ avrei voluto insegnare fisica, mi sarei potuta concedere questa stramberia. “Tanto – spiegavo a tutti – ai fini dell’insegnamento questa laurea è equiparata a quella in fisica”.
Messa così, la mia scelta non è mai stata contestata dai miei genitori. La domanda: “... e poi che lavoro farai?” aveva già una risposta e il cerchio si chiudeva. Appena laureata, dopo pochi mesi di insegnamento nella provincia bolognese, sono scappata dalle scuole, rifugiandomi a Roma, all'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario.

Col tempo ho analizzato quindi meglio il perchè della scelta dei miei studi, trovando una risposta risposta dalle varie sfaccettature che contempla anche un aspetto più intimo. Non ne avevo mai parlato con nessuno prima, temendo che agli occhi degli altri sarebbe apparso come un criterio troppo poco significativo per giustificare una decisione così importante.
Finché non è successo qualcosa che mi ha costretta a rivedere le mie conclusioni...

Qualche domenica fa, insieme a mia madre, mi sono trovata per caso ad una mostra fotografica molto bella, allestita da un gruppo di astrofili.
Anche il posto era particolarmente suggestivo: il castello Svevo di Termoli, che si affaccia proprio sul mare e da dove si vede San Salvo (il paese in provincia di Chieti dove sono nata). Sulla terrazza che corre tutto intorno alla torre erano stati allestiti dei telescopi.
Mentre osservavamo le foto ho scoperto, con un certo sconcerto, che mia madre non aveva mai alzato gli occhi in una qualsiasi notte estiva per osservare la strisciata chiara della via Lattea, né aveva mai poggiato l’occhio su un oculare di un telescopio (confesso: non ne possiedo uno, non l’ho mai chiesto in regalo per un compleanno…). Così l’ho immediatamente accompagnata sulla terrazza e, nell’ordine, abbiamo visto insieme la Luna, la nebulosa di Orione ed infine Saturno.
Mia madre è rimasta letteralmente folgorata da questa visione, come è successo anche a me la prima volta che ho osservato Saturno ed i suoi anelli con un telescopio (ero già al terzo anno dell’Università). Non so perché, ma vedere ‘in presa diretta’ gli anelli di Saturno focalizzati a pochi centimetri dal proprio naso suscita una grande emozione e quasi incredulità … come se il nostro cervello non accettasse che quel puntino brillante in cielo possa avere una dimensione propria, più estesa ed addirittura diversa dalla perfetta e ‘incorruttibile’ forma sferica…
Ultimata la visita, siamo tornate a casa. Abbiamo cenato insieme chiacchierando di varie cose, ma non facendo mai riferimento alla mostra.

E’ stato poco prima di andare a dormire che mi son dovuta ricredere sul perché avessi scelto questa professione. Prima di metterci a letto mia madre mi ha fatto un discorso molto contorto, cosa che mi ha subito colpito perché lei, insegnante di scuola elementare oramai in pensione, ha sempre espresso il suo pensiero in maniera schematica.
Non ricordo esattamente le sue parole, il concetto comunque era il seguente: se lei avesse avuto la possibilità di osservare il cielo quando era più giovane, avrebbe di certo fatto i miei stessi studi. E quindi inconsciamente (“molto inconsciamente” come lei stessa ha ammesso) è stata proprio lei ad influenzare la mia scelta.
Così finalmente aveva trovato la spiegazione del perché avessi intrapreso questa professione, cosa che non aveva mai pienamente compreso.

Il buffo è (ed è il motivo per cui quella sera ho riso davvero tanto!) che io ero giunta alla conclusione di aver intrapreso tali studi perché rappresentavo la cosa più distante da mia madre! Qualcosa in cui lei (che ha sempre così profondamente, sebbene involontariamente, condizionato gran parte della mia vita, scandendone i tempi e le priorità) non poteva di certo ‘mettere bocca’. Ed invece… guarda un po’… anche in quel caso non era stato così!
Non fraintendetemi: sebbene abbiamo un rapporto… uhmm, come dire? abbastanza ‘articolato’, oltre a nutrire per lei un amore profondo, l’ho sempre ammirata come donna.

Anche lei si è trovata in qualche modo, fra gli anni settanta e ottanta, in un certo contesto sociale e geografico, ad essere una ‘pioniera’. A quel tempo nel nostro centro-sud il termine ‘pari opportunità’ era totalmente sconosciuto, e nell’immaginario maschile esistevano solo le femministe o le casalinghe. Mia madre invece non ha mai smesso di lavorare, neanche quando a distanza di due anni l’uno dall’altro, le sono arrivati quattro figli.
Non esce quasi mai per la strada da sola, poiché la cosa non è contemplata dall’educazione severissima impartitale da mia nonna. Tuttavia a settant’anni, mia madre sa usare internet molto meglio di me! Naviga in maniera disinvolta per trovare le ricette di piatti a lei sconosciuti, per cercare le definizioni impossibili della settimana enigmistica, per leggere gli ultimi avvenimenti sul sito del nostro paese, per comunicare con i figli che hanno trovato il lavoro e l’amore oltre i confini italiani.

Francesca Altieri

martedì 5 maggio 2009

Dopo saro' seria (?)

Lo so, lo so, s'era detto di dare un tono a questo blog, di cercare di stimolare discussioni su tematiche calde, serie e - giuro - dopo lo faccio... forse. Nel frattempo, rileggendo alcuni vecchi post, con racconti della vita notturna di astronome al telescopio ho pensato: "ehi, perche' non dare anche il punto di vista di una RADIO astronoma, noi si osserva di giorno!". ... o meglio, ANCHE di giorno. 24 ore su 24: la luce non ci disturba, non c'e' alba che tenga, niente che possa finalmente mettere fine a interminabili turni di osservazione. E cosi', quando, piu' o meno due volte l'anno, vado in Australia, al radio telescopio di Parkes, spesso mi trovo a puntare la sveglia alle 3 del mattino (mi devo sforzare per dire "le 3 del mattino" le 3 sono di NOTTE accidenti!); inforco la bici, un'assurda mountain bike col freno a retro-pedalata e ruote ridicolmente piccole, e percorro nel buio piu' assoluto il chilometro che separa la foresteria dal telescopio. Gia', perche' la luce non ci disturba, certo, ma anche noi dobbiamo stare in posti remoti, lontani dal mondo e dagli uomini e soprattutto dai loro infernali macchinari (automobili, cellulari, rasoi elettrici, forni a microonde, tosa pecore...) produttori di interferenze. E cosi' il cileo di Parkes e' buio, buio e indescrivibile. E qui potrei partire con slancio poetico a dirvi dell'emozione che si prova a vedere la Via Lattea, le Nubi di Magellano, Orione a testa in giu'... ma la vena poetica mi manca. Oggi (oggi?!) sono decisamente poco seria e niente poetica. Insomma, scansando ragni e serpenti dal morso letale, pecore e canguri, arrivo al telescopio. Quello di Parkes, come recita una delle innumerevoli tazze souvenir che mi sono comprata al centro visitatori, e' il piu' bel radio telescopio del mondo (ok, ok, opinabile) non foss'altro che per il fatto che la sala controllo ci sta dritta SOTTO: scegli la tua pulsar, il tuo ammasso globulare, la tua galassia preferita, inserisci le coordinate, pigi il pulsante "OBSERVE" e "gzzzzzzz" un bestione da 64 metri di diametro - il padellone, per gli amici - comincia a spostarsi, lento e pesante, sopra la tua testa: le pareti vibrano lievemente, il ronzio si fa piu' forte per poi scemare... d'accordo, capisco, non e' molto poetico un radiotelescopio che punta. Che vi dicevo: poetica, niente! Insomma: 4 del mattino, inizia il turno. A Parkes non c'e' nessun operatore. Sei solo tu col padellone (e il malefico "watch dog", l'allarme che si assicura che tu non ti addormenti, suonando a un volume indicibile ogni 15 minuti). Nessuno nel raggio di 20 chilometri, eccezion fatta per l'altro astronomo con cui condividi, a stento incrociandolo al cambio di turno, le tue giornate, i serpenti e i canguri. Recentemente abbiamo anche avuto l'invasione delle cavallette. Ma divago. Come sono arrivata alle cavallette? Volevo descrivere la giornata tipica della radioastronoma in trasferta e sono arrivata alle cavallette... be', forse e' meglio che chiuda qui, per ora. Del resto, l'avevo detto, saro' seria DOPO.

Marta Burgay

lunedì 20 aprile 2009

COSA SIGNIFICA "ASTRONOMA"?

Durante le vacanze di Pasqua ho passato 5 giorni di fila a casa di mia mamma, a Santarcangelo di Romagna. Io vivo e lavoro a Monaco di Baviera, e le mie sortite a casa non sono molto frequenti, quasi mai in giorni feriali, quindi ho preso la palla al balzo per rinnovare la carta d'identita': pur in scadenza tra qualche mese, chissa' quando mi capitera' ancora la congiuntura astrale di essere nel mio comune di residenza un giorno in cui gli uffici sono aperti.

Cosi' di buona mattina mi presento all'ufficio anagrafe con le fotografie necessarie. Dopo avermi gentilmente rimproverato sullo stato (pietoso) del documento, la tipa allo sportello mi chiede: "Sulla vecchia, sotto 'Professione', c'e' scritto ancora studentessa, cosa devo mettere?". La prima cosa cui ho pensato, come un flash, e' stato che la tipa non mi aveva chiesto se ero cresciuta in altezza o se avevo cambiato stato civile, ma aveva _assunto_che non ero piu' studentessa!! e che evidentemente si vedeva cosi' tanto! La seconda, piu' pragmatica, e' stata: ed ora che metto? e cosi' rispondo: " Guardi, faccio ricerca, pero' non sono propriamente 'ricercatrice', quindi ricercatrice non lo posso mettere.. sono post-doc, ma mi sa che non esiste e comunque ha poco senso.." e via discorrendo. La ragazza mi guarda e mi dice: "Senta, lei puo' mettere qualsiasi cosa, basta che sia qualcosa che la identifichi!". Ed io: "Beh, io sono astronoma...".

Mentre l'impiegata mi diceva le stesse cose che mi sento dire da tanti anni da tutte le persone che non fanno il mio lavoro ("ma che bello! quanto e' affascinante questo lavoro! ma studi il cielo?" e tutto il resto) ho realizzato quanto quella parola, "astronoma", avesse un significato diverso per lei e per me.

Per me essere astronoma significa veramente tanto: guardare il cielo con telescopi spaziali, mettere per iscritto piccole e grandi scoperte, girare il mondo per convegni e collaborazioni, parlare un'altra lingua, lottare con cataloghi e programmi al computer, tutto questo per studiare l'evoluzione dell'universo....
Piu' in generale, significa fare ricerca nel senso di cercare di capire cosa governa un fenomeno quant'anche lontanissimo dallo scibile umano, ma non per questo meno importante, stimolare continuamente la propria curiosita', e molto, moltissimo altro ancora, che va oltre il fascino molto piu' vicino al senso comune (e quindi piu' comprensibile) di scrutare il cielo notturno alla ricerca di una costellazione o di una stella cadente cui affidare un desiderio.

Penso a tutto questo in pochi secondi, due o tre al massimo. Poi mi risveglio, e sento la ragazza dire:
"Allora mettiamo 'Professione: Astronoma', va bene?" Ed io: "Perfetto!". Lei si china a scrivere sul computer e non vede il sorriso che si stampa sulle mie labbra...

Marcella Brusa

venerdì 20 marzo 2009

Mai dire mai...!


In uno dei miei primi ricordi di bambina vedo mio padre che esce da casa con un lungo giaccone di piumino blu, di pesantezza sproporzionata anche per le fredde sere dell’inverno asiaghese. Erano i primi anni 70 e lui andava ad osservare al telescopio da 1 metro e 20, a una manciata di chilometri dal centro del paese. La postazione di osservazione era una piattaforma metallica sopraelevata (per raggiungere l’oculare) dentro la cupola, l’astronomo stava li` seduto su una seggiolina a guardare qualche stella lontana e, probabilmente, a battere i denti.
Diventata piu` grande, a chi me lo chiedesse, dichiaravo che mai avrei voluto fare l’astronoma: perche’ passare notti insonni all’addiaccio quando c’erano tante altre cose interessanti da fare nella vita?
All’universita` scelsi fisica perche’ mi sembrava che potesse sia soddisfare la mia predilezione per le materie scientifiche che lasciarmi aperte varie possibilita`.
Il colpo di fulmine per l’astrofisica arrivo` l’ultimo anno. Fu il corso di cosmologia del prof. Matarrese che mi inizio` ad un mondo di teorie affascinanti che spiegavano l’universo come lo osserviamo oggi, a partire dai principi fondamentali della fisica. Inoltre, esistevano delle osservazioni astronomiche che avevano misurato proprio alcune delle quantità predette dalla teoria, rafforzandone la validità. Era fantastico ed eccitante!
La mia tesi di laurea fu proprio su dati osservativi di spettri di quasar che avrebbero aggiunto un mattoncino alla comprensione della formazione dell’universo.
Comincio` cosi` la mia avventura da astronoma.
…all’epoca erano passati 20 anni dalle osservazioni di mio padre nella gelida cupola di Asiago, la maggior parte degli astronomi ormai se ne stava in stanzette riscaldate davanti ad un terminale che mostrava le immagini registrate da un ccd. Meno affascinante forse, ma moooolto piu` confortevole!

La mia avventura, dicevo. Si`, perche’ la strada per raggiungere l’obiettivo di fare dell’astronomia un lavoro “vero”, che mi permettesse di mantenere una famiglia e vivere con tranquillità, e` stata lunga e a tratti piuttosto in salita.
Prima il dottorato di ricerca, un post-doc a Parigi, poi il rientro in Italia e l’inizio di una lunga serie di contratti a termine. Nell’estate del 2008, dopo quasi 10 anni di vita da “precaria della ricerca” ho vinto un concorso da ricercatrice, un traguardo che, nei momenti tristi, mi era sembrato irraggiungibile e che finalmente e` diventato realtà.

In bocca al lupo a tutte le astronome giovani e meno giovani che tutti i giorni ce la mettono tutta per conciliare l’amore per questo lavoro e la vita di donne, mogli e madri!

Valentina D’Odorico

martedì 17 marzo 2009

Viviamo tra loro ma non sanno che esistiamo...


Quando ero piccola e mi chiedevano: "Cosa vuoi fare da grande?" io rispondevo sicura, come il draghetto Grisu': "Da grande faro'...lo scienziato!!!"...
...in realta' Grisu' rispondeva: "Da grande faro'...il pompiere!", ma questa non e' la sola differenza, infatti, mentre lui sembrava aver chiaro come sarebbe stato il suo sognato lavoro io, invece, non sapevo cosa volesse dire veramente...!

Poi e' arrivato il momento di decidere del mio futuro ed ho frequentato il Liceo Classico, ma gia' sapevo che, pur amando molto il Greco, avrei avuto un futuro da "scienziata" (messaggio per tutte le future Astronome che stanno frequentando il Classico: e' possibile riuscire bene in campo Fisico anche senza aver frequentato il Liceo Scientifico, fidatevi!).

All'inizio l'Universita' sembrava un posto piu' grande di me, pero' durante le lezioni si ricreava subito un ambiente molto simile a quello di una classe di Liceo: molta collaborazione e sostegno, forse perche' in genere siamo pochini...comunque, dopo un brevissimo periodo di "crisi", ho capito che i sacrifici che era necessario fare per andare avanti li avrei affrontati volentieri perche' la passione era grande e ormai non avevo piu' dubbi: sarei diventata un'Astronoma!

...ma ancora non sapevo quello che mi sarebbe toccato alla fine degli studi, quale fosse veramente il "mestiere" di Astronoma...

Ora eccomi qua, non lavoro da moltissimi anni (ho finito il Dottorato da appena un anno), ma gia' sto iniziando ad accumulare un bel po' di esperienze da condividere con chi magari non ne sa molto di questo lavoro bellissimo.

E' troppo bello rispondere alla domanda: "Che lavoro fai?" dicendo con infinito orgoglio: "Sono un'Astronoma!", pero' e' anche vero che ci hanno provato a farmi perdere l'entusiasmo dal momento che spesso ribattono: "Ah, si', le carte, l'oroscopo, quella roba li'?!?", oppure: "Va bene, ho capito cosa fai, ma di preciso per l'uomo della strada qual e' il vantaggio del tuo lavoro", come mi chiede ogni santa volta che mi vede la Farmacista sotto casa, dall'alto del fatto che lei puo' ben rispondere che se io ho mal di testa il suo lavoro le permette di farmelo passare, e invece io?!?
Tra l'altro tempo fa addirittura uno mi ha risposto tranquillo: "Ma perche', esistono pure le Astronome donne?"...MA COME???...CHE VUOL DIRE??? Siamo forse cosi' strane? VIVIAMO TRA LORO MA NON SANNO CHE ESISTIAMO!

Alla fine pero' il bello di questo lavoro prevale su queste rivelazioni incredibili.
Per la soddisfazione di trovare un risultato che fa capire anche solo un poco di piu' di quelle bellissime, lontane, misteriose, affascinanti stelle, val bene continuare a fare sacrifici, come ritrovarsi in pochi colleghi-amici a scrivere una proposta per richiedere finanziamenti (...noi, cosi' precari e cosi' desiderosi di continuare nonostante tutto...) qui in Osservatorio fino all'1 di notte suonata a mangiare di fretta una pizza pur di rispettare la scadenza o sapere di dover tenere sempre una valigia sotto il letto perche' tanto si dovra' partire presto per una collaborazione, per fare osservazioni, per un congresso...

...va bene, pero' bisogna essere onesti: questo non e' poi del tutto un sacrificio! Io nella mia ancora breve carriera ho girato il Mondo, dall'America al Giappone...mi manca solo l'Oceania perche' gli altri continenti li ho toccati gia' tutti!
Certo lasciare la famiglia e gli affetti alcune volte e' proprio dura, pero' io ho la fortuna di avere accanto un compagno che fa il mio stesso lavoro (siamo pure vicini di scrivania!) e spesso riusciamo a trovarci nello stesso continente contemporaneamente...ma non sempre e' cosi': spesso tra noi ci sono diversi fusi orari!
Pero' poi si torna a casa con un sacco di cose da raccontare: le osservazioni fatte sotto un cielo stracolmo di stelle, il seminario presentato ad un congresso, le tante domande fatte e ricevute dai colleghi scienziati...eh si', il draghetto Grisu' ancora sogna il suo futuro, invece io ci sono riuscita...da grande faccio la scienziata!

Sara Bonito

venerdì 13 marzo 2009

Un mestiere, tante avventure!


Tutte le donne che fanno questa professione, una o piu' volte nella vita avranno sentito l'espressione "Davvero tu sei un astronoma!!?". Non credo che mi abituero' mai alla faccia che fanno le persone quando mi chiedono di cosa mi occupo. E nonostante potrei tentare un vago "Lavoro nel campo della ricerca...", non nascondo che la loro espressione tra l'incredulo e lo spaventato mi diverte troppo.
Potrei fare diverse ipotesi sul perche' di tanto stupore, probabilmente dovuto all'invasione di un campo tutto maschile, ma sto cominciando ad avanzare una teoria piuttosto inquietante...Se avessero ragione loro? Se fossimo davvero strane?
Beh, io faccio questo lavoro da pochi anni ma di astronome ne conosco gia' un bel po' e vi devo dire che ancora non ne ho incontrata una sola che fosse normale! Le astronome che conosco, tutte molto in gamba, hanno qualcosa che fa pensare "wow, e come si fa a diventare cosi'?", ma ripeto...strane, sono strane. E allora, signori e soprattutto signore, sarebbe opportuno capire cosa abbiamo in comune.

Molte di voi hanno scritto che gia' da piccole si sono appassionate all'astronomia, che sognavano di fare lo scienziato e di esplorare i misteri del cosmo. E allora vi diro' la verita': io volevo fare il pirata! Avrei voluto partire sul mio veliero e andare in giro per i mari inesplorati, senza nessuno schema, senza nessun preconcetto, e senza un porto fisso, armata soltanto dello spirito di avventura, pronta ad affrontare l'ignoto con compagni fidati. Insomma, il pirata romantico, o se volete costringermi a dirlo (ma che resti un segreto, vi prego!), il pirata buono. Il mio motto era: "un mestiere, tante avventure!".
Vista pero' la deflessione delle assunzioni nella guerra da corsa, mi sono avvicinata alla scienza che piu' di tutti assomiglia a questa mia idea della pirateria: ed e' stato allora che ho deciso di fare l'astronoma, mantendo ben saldo il mio motto!

Se volete trovare un denominatore comune, un fil rouge che unisce le diversissime donne che si dedicano a questo mestiere, eccolo qua in tutta la sua semplicita', sono pirati: si appassionano al loro lavoro, non si prendono troppo sul serio, mettono nella loro attivita' lo stesso entusiasmo di un gioco e sono sempre alla ricerca di qualcosa. D'altro canto, signore, quello che noi astronome facciamo e' riuscire a conquistare piccoli pezzi di conoscenza da inserire nel puzzle della conoscenza globale; dopo di che, ce ne andiamo in giro a mostrare il tesoro che abbiamo conquistato per poi ripartire per un nuovo viaggio, allontanandoci dalle rotte conosciute e cercando di raggiungere nuovi lidi e nuovi tesori.
Come i pirati le astronome hanno sono caratterizzate da una grande indipendenza e un particolare senso di la liberta', e a ben guardare, sono sempre in giro per il mondo. Tra congressi, riunioni e periodi di lavoro in altre citta' (a volte lunghi davvero), sono ormai le vere cittadine del mondo e hanno una innata, o acquisita, capacita' di ambientarsi ovunque.
Le astro-pirate sono al di sopra degli schemi culturali, abituate al quotidiano confronto con persone di ogni parte del mondo: negli stessi istituti si parlano sempre almeno tre lingue ufficiali...e non contiamo i dialetti!
E infine sono detentrici di una straordinaria volonta' di vincere la continua lotta con Madre Natura, che le costringe ad un quotidiano arrembaggio per la conquista della conoscenza.

Ho appena finito il dottorato, e sono solo pochi anni che lavoro in questo campo, sono dunque solo all'inizio di questa avventura e spero di avere molte storie da raccontare tra qualche anno. Adesso, in partenza per chissa' dove, dal mio veliero non mi resta che intonare:
"Quindici astronome, quindici astronome, suuulla cassa..."

Marilena Caramazza

martedì 10 marzo 2009

Volando sulle onde...

Sono in Hawaii.. verrebbe da dire: che bello! il sole l'oceano, il surf, i delfini... Beh, si' e' vero, ma sono in Hawaii per lavoro, ci vengo una volta all'anno per poter continuare le mie collaborazioni con i colleghi americani. Ho passato parecchi anni qui, all'Institute for Astronomy della Universita' delle Hawaii, avanti ed indietro conl' Italia. ... non e' uno dei viaggi piu' semplici. Sono circa 18 ore effettive di volo piu' altre 5 o 6 tra stopover ed attese nei vari aereoporti, quando si arriva a destinazione si e' del tutto esauste. Pero' come scendi dall'aereo all'aereoporto di Honolulu senti che respiri un'aria diversa, c'e' profumo di fiori nell'aria!

Chi l'avrebbe mai detto quando studiavo fisica all' Universita' di Bologna che sarei diventata astrofisica e che la mia professione mi avrebbe fatto viaggiare e mi avrebbe portato sin qua, in Hawaii? ed invece e' stato proprio cosi'. Ho anche imparato a fare surf, e a volare sulle onde, beh.. sto esagerando.... non proprio volare, a volte anche atterrare male ed essere travolta dalla furia dell' oceano Pacifico. Ho una tavola da surf che mi aspetta qua ad Honolulu a casa di amici ogni volta che vengo, anche se e' sempre piu' difficile riuscire ad usarla...

Dopo alcuni anni passati a studiare le radiogalassie che mi hanno tanto entusiasmato, ho cambiato lunghezza d'onda, ed ho cominciato a studiare l' universo X, che mi ha subito appassionato. Ho avuto il privilegio di usare i dati del primo satellite ad immagini per astronomia X, si chiamava Einstein Observatory, ed ha rivoluzionato il modo di vedere l' Universo. Le sorgenti X che avevo trovato con Einstein dovevano essere identificate, occorreva cioe' capire quali fossero gli oggetti celesti che producevano la emissione X per poterli studiare in dettaglio, ricostruire la loro storia e la loro evoluzione nel tempo.

Ed ancora una volta sono stata fortunata. Ho avuto il privilegio di usare i telescopi dell'osservatorio piu' alto del mondo, a 4200m sul livello del mare, in cima ad un vulcano dormiente (non spento!) che si chiama Maua Kea, montagna bianca... al centro di una isola nel mezzo del Pacifico, la Big Island of Hawaii. Qua in inverno la montagna e'proprio bianca, coperta di neve anche se si e' ai tropici. In realta' lavorare a 4200m non ha niente di poetico, l'ossigeno e' solo al 60%,il mal di testa e' il male minore, e la notte e' lunga. Pero' se si esce dall'edificio del telescopio per ammirare il cielo di notte, si capisce immediatamente perche' la nostra galassia si chiama ViaLattea. E' tutto bianco sopra di noi! E poi siamo sopra le nuvole, avolte sembra di galleggiare su un mare soffice come quando si e' in aereo. In agosto le stelle filanti tracciano lunghe traiettorie basse sull'orizzonte, non devi neanche alzare tanto gli occhi al cielo, devi solo guardare l'orizzonte, e' uno spettacolo indimenticabile!

Ora si lavora in remoto, uno siede comodamente nel suo ufficio a Honolulu, a livello del mare, ed il telescopio viene puntato da un operatore su a 4200m. A volte anche l'operatore e' a livello del mare, soprattutto per i telescopi piu' piccoli, e tutto avviene in remoto. E' sicuramentepiu' confortevole, ma si perde il fascino della altezza e delle notti stellate. Non era cosi' 15-20 anni fa, e le mie notti di osservazione le ho fatta tutte a 4200m, e nonostante la fatica le rifarei proprio tutte!

Isabella Gioia

sabato 7 marzo 2009

Non è vecchiaia, ho la cervicale perchè guardo le stelle!


A 7 anni, più o meno, ho deciso che da grande avrei fatto l'astronauta. Io appartengo alla generazione di quelli che sono stati "segnati" dalla visione di "Spazio 1999" durante la loro infanzia. Dalla fantascienza e' nata la mia passione per l'osservazione
del cielo, delle stelle. Ho cominciato a collezionare carte stellari, a studiare le costellazioni e a cercare di riconoscerle nel cielo, ma non nascondo che ho continuato per molto tempo ad avere una visione molto romantica della professione di astronomo, mi immaginavo una vita notturna tranquilla e contemplativa, soli in compagnia di un immenso cielo stellato. E mi ricordo le serate passate al freddo, in casa in pieno inverno con la finestra aperta ad osservare il cielo, i pianeti, la luna, con tutti i mezzi possibili, binocoli, cannocchiali, piccoli telescopi.

Poi sono cresciuta, e mi sono resa conto che realizzare i sogni di ragazzina comporta un certo impegno, tanto studio e soprattutto determinazione, un bel po' diverso dalla mia visione
romantica iniziale. Ma io non appartengo alla categoria di persone che si avvicinano a questa professione per caso o per curiosità. Io l'ho deciso da subito. Sapevo che un giorno sarei diventata un'astronoma. E così e' stato, nonostante le difficoltà.

E subito dopo la laurea ho avuto la grande opportunità di fare le mie prime osservazioni "vere", da professionista e con un telescopio professionale. Il mio sogno si realizzava, finalmente. Le mie prime osservazioni le ho fatte al Nordic Optical Telescope sull'isola di La Palma, alle Isole Canarie. Il mio entusiasmo era incontenibile, e lo provano le numerose fotografie che mi ritraggono davanti a ciascun telescopio esistente sull'isola (io, chenotoriamente sono refrattaria a qualunque forma di protagonismo!).
Siamo arrivati sul Roche de Los Muchachos con un, giorno di anticipo rispetto al programma di lavoro, e arrivare lassù a circa 2400 m di altezza sul livello del mare, sopra le nuvole, lasciava già presagire promettenti scenari di cieli stellati, in totale assenza di inquinamento luminoso.
La prima sera siamo andati in "avanscoperta" al telescopio dove la sera successiva avremmo cominciato il nostro lavoro. I tecnici e gli astronomi di supporto ci hanno spiegato il funzionamento del telescopio e di tutta la strumentazione, poi siamo andati "in visita" al Telescopio Nazionale Galileo, ad incontrare alcuni colleghi italiani, ed anche lì abbiamo fatto il nostro bel tour scientifico.

E poi ... il cielo!

Non credo di aver mai visto cosi tante stelle nella mia vita da avere, inizialmente, qualche difficoltà a riconoscere le costellazioni. Per un attimo ho avuto la percezione di cio' che possono aver provato i primi uomini che hanno osservato le stelle, niente di confrontabile con quello che gli inquinati cieli delle nostre città potrebbero fare sospettare. Le notti di osservazione sono trascorse tranquille e senza problemi. Non c'era foschia, non c'erano nuvole e il nostro programma osservativo e' stato completato senza intoppi, facendo delle riduzioni veloci degli spettri delle stelle osservate, ascoltando musica e uscendo fuori a guardare le stelle durante le esposizioni più lunghe. Pur non avendo esperienza mi sono trovata assolutamente a mio agio in quell'ambiente di lavoro, come se l'avessi fatto da tutta una vita.
E un po' di verità in questo c'è. In fondo, dopo i sacrifici dello studio, la laurea, il dottorato,
questo tipo di vita non risulta tanto lontano dalla vita notturna tranquilla e contemplativa tanto a lungo sognata!

Laura Affer

lunedì 2 marzo 2009

Passeggiando in bicicletta...


E' il primo fine settimana a casa dopo essere stata per piu' di un mese in California per lavoro e perche' ci abita mio marito (situazione non insolita tra le astronome).

Aspettavo questo Sabato con impazienza, sapevo che ci sarebbe stato il sole e che sarebbe stato perfetto per un giro in bici. Mi e' mancata molto la bici e mi sento anche un po' in colpa per averla lasciata in cantina cosi a lungo. (La bici e' una mia passione, come l'astronomia). Ora sono finalmente a casa, con la mia bici da corsa, ed oggi vado in bicicletta. Ieri ho preparato l'itinerario, andro' verso Sud: Milano-Pavia lungo il Naviglio Pavese. Un percorso pianeggiante, facile, non ci sono troppe fermate e non c'e' il rischio di perdersi (mi si e' rotto il GPS), ma devo attraversare tutta la citta'.

Dopo 15 km di semafori, traffico, macchine in seconda fila, binari che si incrociano alla Batterzaghi, e lastre in pietra, arrivo al canale. Non e' bello tanto quanta il Martesana o il Naviglio Grande, ma e' poco trafficato e posso mantenere la velocita' a lungo. Arrivo a Pavia, mi faccio un giro per il centro, sempre in sella e senza soffermarmi troppo per non raffreddare i muscoli. Riprendo il canale, ho altri 40 km prima di tornare a casa, mi sento bene, forse domani avro' male al fondoschiena (succede quando non si prende la bici regolarmente), ma per ora pedalo contenta. Penso un po' al lavoro, alla mia post-doc, alla prossima scadenza, all'articolo che sto scrivendo, i km passano e non me ne accorgo. Ogni tanto i miei pensieri vengono interrottida qualche uccello che prende il volo, dai pesci rossi del canale che sembrano immobili, dalle cascine abbandonate e dal paesaggio invernale della pianura. Vedo un altro ciclista solitario, lo supero e poi ecco che mi raggiungono due signori con i polpacci depilati su delle fiammeggianti ed ultra-leggere Colnago (che belle!). Mi vedono e subito mi dicono: - "Sei in forma!" - Io rispondo: -"In realta' non molto, e' tanto che non prendo la bici." Pedaliamo insieme ed iniziamo a chiacchierare. Parliamo dei percorsi della zona del pavese, di Milano, delle nostre abitudini ciclistiche. Mi fanno i complimenti perche' riesco a mantenere il loro passo. Ma confessano che me li fanno solo perche' sono una donna. Mi chiedono se trovo altre donne con cui andare in bici. Ed io rispondo: -"Incontro sempre gruppi di uomini, e' raro vedere una donna. Eppure la bici e' uno sport che possono praticare tutti, indipendentemente dalla forma, dal genere e dall'eta'".- E poi penso alla California, li si incontrano tantissime donne in bici. Ho tante amiche cicliste quanti amici ciclisti da quella parte del mondo. Che strano che al confronto ci siano molte piu' donne astronome rispetto agli uomini in Italia che negli Stati Uniti. Uhm... perche' questa differenza? Ci avviciniamo a Milano, e' l'ora di pranzo, un cellulare squilla, e' probabilmente la moglie di uno dei due signori, forse vuole sapere se il marito e' vicino e se puo' calare la pasta. Il marito decide di non rispondere (e' dura con i guanti!). Colgo l'occasione e chiedo come mai le mogli non vanno in bici con loro. Uno mi dice "Non e' portata" (tra me e me: ma che vuol dire ? Chi non e' portato ? I bambini di 4 anni imparano ad andare in bici. Forse ha un problema di equilibrio.) "In realta', non vede l'ora che me ne vada cosi puo' sbrigare i servizi". (tra me e me: se facessero i servizi insieme, poi rimarrebbe del tempo libero da trascorrere insieme, magari andando in bicicletta) "Quando si hanno i bambini uno devo stare a casa". A quel punto ho risposto: "Ma si possono portare anche i bambini, ci sono i rimorchi" (e tra me e me: o si potrebbe fare a turno, qualche volta i bimbi li puo' tenere lui, cosi lei va in bicicletta). Ho sentito tante volte questi discorsi e mi sembrano insensati, ma non penso che sia "colpa degli uomini" o che la donna sia sfruttata. Questi due signori hanno reso la mia passeggiata ancora piu' piacevole, sono stati gentilissimi, non mi hanno snobbata lasciandomi a qualche chilometro di distanza, anzi hanno allungato il loro percorso per fare un po' piu' di strada con me. Sono contenta di averli incontrati e li ringrazio per avermi fatto pensare alla strana differenza tra la percentuale di astronome e quella di cicliste in California ed in Italia ed aver ispirato questo blog.

Forse un uomo che fa i servizi o una donna che va in bicicletta vuol dire sconfinare un territorio sconosciuto, dove si ha paura di sbagliare e di essere presi in giro. Mi ricorda la differenza tra adulti ed adolescenti.
Chi fa ricerca ha come meta quella di sconfinare territori sconosciuti e lo fa animato dalla passione. Sara' per questo che le astronome sono tutte un po' originali. Ma di questo parleremo un'altra volta.

Mari Polletta

lunedì 16 febbraio 2009

Di notte sulla montagna


Credo che la cosa che più mi piace del mio lavoro di astronoma sia osservare. In tanti anni non ho mai perso la voglia e il piacere di passare qualche notte davanti alla consolle di un telescopio. Anche adesso, sono in Arizona sulla cima di una montagna in mezzo al deserto di Sonora e sto osservando; è notte fonda e davanti a me ho i monitor di controllo del telescopio. Ho di fianco il tecnico di supporto che ha appena puntato un nuovo oggetto della mia lista. In sottofondo, il familiare ronzio dei computer mi dice che tutto procede regolarmente mentre dietro alle mie spalle il telescopio insegue diligentemente la galassia che sto osservando.

In questo momento mi tornano in mente i miei inizi: al debutto degli anni ottanta sono stata una delle prime donne italiane che sono andate ad osservare con telescopi internazionali o lontani. Ricordo che per i tecnici e gli astronomi presenti la mia presenza era una novità e le prime notti in cui lavoravo veniva a trovarmi al telescopio diversa gente presente sulla montagna. Però avevo l'impressione che si chiedessero, "ma questa sa quello che fa?". Certamente non mi sono mai posta il problema del loro giudizio; ho semplicemente lavorato con tranquillità e serenità, dimostrando notte dopo notte che sapevo fare il mio lavoro e come me hanno fatto lo stesso tutte le colleghe che sempre più numerose mi hanno seguita. Sono passati molti anni da quelle mie prime osservazioni e oggi in tutti gli osservatori del mondo la presenza delle donne è divenuta normale. È stato un cambiamento avvenuto nel corso degli anni, sopratutto grazie al lavoro di tante che come me hanno dimostrato con i fatti che certi stereotipi non esistono.

Sono quasi le 4 del mattino e la mia lunga notte di osservazione si avvia alla conclusione. Mentre sto sonnecchiando davanti al terminale del telescopio all'improvviso il mio computer portatile si anima e squilla: una chiamata con skype: da casa mio marito e le mie figlie mi chiamano.
In Italia è mezzogiorno e stanno arrangiando il loro pranzo. Mi travolgono con i loro racconti: la mia auto si è guastata e quindi un sacco di caos per portarla ad aggiustare; le mie figlie hanno allagato il bagno aprendo la lavatrice piena d'acqua prima che scaricasse (sigh!). Anche se sei dall'altro capo del mondo, la tua vita ti insegue. Storie di ordinaria vita quotidiana, storie di una donna ...... e astronoma!


Daniela Bettoni

venerdì 13 febbraio 2009

Astronome osservatrici


Sta scendendo un'altra notte sull'Altopiano di Asiago ed io mi accingo a partire per raggiungere Cima Ekar. Osservo al telescopio Copernico da quasi quindici anni, ormai, da quando iniziai il mio dottorato di ricerca che prevedeva una massiccia e continuativa raccolta di dati. Cinque, sei notti al telescopio ogni mese: impossibile pensare di svolgere questo tipo di lavoro con i telescopi lontani e allora ecco che il Copernico e' diventato familiare quasi quanto la mia casa!

Lasciata la strada principale, imbocco la via che conduce a Cima Ekar, quota 1366 metri. La fitta faggeta che domina questa zona dell'Altopiano cadenza il passaggio delle stagioni con i suoi mutevoli colori: dal verde della primavera e dell'estate, al giallo e rosso dell'autunno, fino all'abbagliante bianco di questo inverno che ci ha regalato alcuni metri di soffice neve. Il bosco adesso e' silente, attanagliato nel freddo e nella neve dell'inverno, ma in altre stagioni non e' raro incontrare su questa strada, soprattutto alle prime luci dell'alba, caprioli, tassi, volpi o lepri.

Raggiunta la cima, il bosco lascia spazio ad un vasto pascolo erboso: ecco apparire la cupola argentea, che si apre e ruota lentamente. Al suo interno il tecnico di turno sta gia' preparando la strumentazione. Salgo in sala di controllo e comincio il mio programma osservativo.

La notte fluisce lenta, puntando il telescopio da una stella all'altra e chiacchierando con il tecnico o ascoltando un po' di musica. Quando la posa e' lunga, mi piace uscire sul ballatoio che gira tutt'intorno alla cupola per ascoltare i rumori del bosco circostante, accompagnati in estate dai campanacci delle mucche al pascolo, anche in piena notte! soprattutto mi piace guardare finalmente il cielo, chiamare le stelle ad una ad una con il loro nome, cercare le costellazioni e individuare quelle meno appariscenti. Ma l'avvicinarsi della fine della posa mi riporta nella sala di controllo: un'occhiata al tempo siderale e al mio programma per scegliere un altro oggetto da puntare.

Stella dopo stella, arrivo cosi' all'alba: la cupola si chiude con un leggero suono metallico. In estate questo suono fa da sfondo al vivace “chiacchierio” degli uccelli che riecheggia tra i faggi di Cima Ekar. Ora invece si attenua nel silenzio ovattato della neve. E' un momento davvero magico: la vastità del cielo stellato, che ad est comincia appena a rischiarare, si confonde con il profilo delle vette piu' alte a nord dell'Altopiano.



Lina Tomasella